da Stephanie » gio lug 21, 2011 3:23 pm
stavo per scrivere qualcosa di simile a quella che ha scritto clio, dopo aver rivalutato il padre, bisogna anche rivalutare la madre, anche loro hanno subito tutta una cultura, una educazione, uno stato sociale tremendo, tra sensi di colpe e paure, e la scelta tra l'adeguarsi alla cultura familiare o la solitudine totale, la crescita dei figli, l'incapacità di risolvere problemi grandi, sopratutto nell'educazione dei figli. Costrette ad essere 'frigide' prima, e scelte in spose proprio perché caste, e poi passare subito ad essere mogli e madri, senza mai acquisire una propria autonomia, una propria sessualità, a metà tra la cultura patriarcale e la liberazione sessuale femminile, che loro hanno visto con il binocolo, inadeguate prima ed inadeguate dopo, infantili, per questo egocentriche, egoiste mascherate sotto veli di bontà materna, talvolta sincera, talvolta costruita, una prigione dorata. Noi siamo la generazione che può fare un passo immenso, perdonando sia i padri che le madri. Perdonare le madri, dopo averle odiate fino in fondo, fino all'ultima cellula, è perdonare noi stesse, fino all'ultima cellula, perché noi siamo appunto donne. E quindi riversiamo la rabbia sul nostro corpo con sintomi infiammatori che colpiscono organi femminili. E' molto più difficile perdonare la madre perché da lei avremmo voluto il massimo, al padre, all'uomo si perdona prima e si perdona molto di più, da sempre, la "scappatella", l'assenza in famiglia, il lavarsi le mani dei figli, invece dalle mamme avremmo voluto la perfezione: protettiva, sicura di sé, aperta al dialogo, indipendente, bella ma materna, etc. E lo stesso pretendiamo da noi stesse. Io avrei voluto una mamma amica, a cui poter dire di essere innamorata di un ragazzino e a cui poter chiedere come conquistarlo, come piacergli, come avvicinarlo. Ci ho provato una volta, chiedendole di tenere il segreto tra noi, mia madre è andata a raccontare tutto a mio padre. Fine della fiducia, fine del dialogo, porte chiuse per sempre. Poi quella mamma amica lo sono diventata io per me stessa, e pure un po' per lei, ho dovuto fare un po' da mammina, sono sicura che ora mia madre sarebbe una nonna come io l'avrei voluta (e non ho avuto), ed io una madre come io l'avrei voluta (e non ho avuto), almeno a livello affettivo e comunicativo, ed un po' penso con invidia ai miei figli (perché loro avranno ciò che io non ho avuto? perché sono stata io a dovermi caricare di questo passaggio generazionale?). Ciò che mi manca è la sicurezza di sapere di riuscire a camparli i miei figli, le mie sono paure di ordine economico. Non riesco a campare me stessa, come potrei sostenere la mia prole? Ora mamma la vedo con tenerezza, quando mi parlava con odio e rabbia di mio padre, e ne parlava con me perché non sapeva con chi parlarne, era la piccola dentro di sé che non sapeva cosa fare, io ho ancora quel seme di rabbia contro gli uomini, ma ci sto lavorando. Le donne della mia famiglia, parlando di catene familiari, sono sempre state costrette ad affrontare da sole cose difficili, dalla bisnonna ragazza madre, alla nonna con il marito due volte prigioniero al fronte e figli da crescere in mezzo alle truppe tedesche, e poi mia madre, completamente soffocata in ogni espressione di femminilità, se non quella permessa alle donne, cioè quella del ricamo, del cucito, della cura della casa. Tanta rabbia accumulata, perché se sono gli uomini che scappano, o muoiono, o vanno al fronte, sono le donne che restano e soffrono: per i mariti, per i figli, per il loro corpo violato, generazioni dopo generazioni. Non si cancellano con una lavata di spugna televisiva migliaia di anni di repressione femminile. Per mia madre la vita da casalinga è stato un orrore, lei voleva studiare e avere una professione che le portasse maggiori opportunità, non sapeva cosa fosse lavorare in un'azienda, lei pensava di stare in un incubo, invece era superprotetta da mio padre, privilegiata perché ha potuto crescere i figli e ha potuto avere suo marito molto vicino. Totalmente passiva, attendeva che il lavoro le cadesse dal cielo, mentre costringeva me ad essere un soldatino: brava a scuola, brava a casa, brava fuori casa, studiosa, educata, ordinata, laureata, colta, umile, carina ma non troppo bella, un'immagine flessibile a seconda delle esigenze (per mio padre: bella da mostrare con orgoglio ai parenti; per entrambi: non troppo bella da poter sembrare una poco di buono, per mia madre: un po' maschietto, cancelliamole ogni femminilità così si taglia la testa al toro, rendendola più brutta di quello che è e maschietta gli uomini non si avvicineranno a lei, cosa che era già stata fatta a lei...), ed intanto dove sono finite tutte le sue paure, le sue mancanze di radici, le sue timidezze? nelle mie pelvi