ciao donne!
Aggiornamenti: non è che vada tanto meglio, ma sicuramente molto molto meglio di quei neri periodi prima di aver visto la luce con Pesce. Che dire... da quando c'è sono serena.
Altri aggiornamenti: vi posto qui sotto l'originale scritto da me della mia intervista. Quando la pubblicheranno taglieranno tante parti, io vorrei che voi, e in particolare Rosanna leggeste l'originale.
Questa storia ha inizio nel 2008; esattamente come in una favola ci sono i buoni e i cattivi, e una vera e propria lotta del bene contro il male. Quel male che ha cominciato ad assillarmi nel 2008, presentandosi sotto forma di cistiti batteriche in episodi isolati, che hanno cominciato ad allontanarmi dall’università per qualche giorno. Chi mi ha detto che probabilmente si trattava di cistiti è stata mia madre, che avrebbe voluto portarmi in ospedale, ma io testarda come sempre ed imperterrita nel perseguire unicamente i miei obiettivi universitari ho voluto optare per un rimedio efficace e al quanto sbrigativo: un antibiotico a breve termine. Due giorni di inferno e poi passava tutto e potevo tornare all’università. Andò avanti così per qualche mese finché a dicembre 2008 arrivò quell’attacco acuto che mi ha cambiato la vita. Non voleva proprio andare via, questa volta l’antibiotico a breve termine non bastava e i sintomi erano sempre più forti e invalidanti, tanto che nel gennaio 2009 ho affrontato mio malgrado la prima visita ginecologica: esperienza devastante che ancora oggi ricordo con rancore nei confronti di quel “gentilissimo” ginecologo che vedendomi strizzare silenziosamente gli occhi per il dolore al momento dell’inserimento dello speculum, mi “incoraggiò” dicendomi: “Guarda che non ti ho fatto niente ancora, impossibile che tu senta dolore, è inutile fare mosse per niente”. A parte l’esperienza negativa della mia prima visita ginecologica, venne rilevato tramite un tampone vaginale, la presenza dell’escherichia coli, batterio che debellai con una cura antibiotica locale e orale.
Mi ero illusa che la storia potesse terminare qui. Un successivo tampone attestò infatti la presenza di un altro nemico in agguato: enterococcus faecalis. Appena letto questo insolito nome mi disperai ma ancora con un bricciolo di ironia mi chiesi: “Chi altro è questo adesso? Cosa vuole dal mio corpo? Mi mangerà poco alla volta”
Seguirono mesi e mesi di cure antibiotiche a lungo termine, intanto avevo ormai dimenticato come fosse la mia facoltà e le uscite si facevano sempre più rare; per me il giorno e la notte non avevano più differenza, i terribili dolori alla vescica mi impedivano di dormire tranquilla, prendevo sonno a fatica solo dopo le quattro del mattino, e il mio morale andava sempre più giù, tre metri e più sotto terra. Rinunciavo anche a sentire le amiche per telefono, perché la frequenza urinaria e i dolori mi impedivano anche un sereno dialogo telefonico.
Passarono gennaio, febbraio, marzo, mesi che per me sembrarono secoli interminabili, chiusa in casa navigando su internet alla disperata ricerca di rimedi, o per lo meno nel tentativo di documentarmi in maniera dettagliata e meticolosa riguardo il maledetto nemico che si era insediato in me. Cambiavo medici frequentemente, tra gli innumerevoli antibiotici che mi venivano prescritti nessuno sembrava avere effetto, poiché contribuivano solo a sviluppare resistenze; anzi uno, dopo averlo somministrato per via intramuscolare mi causò una forte reazione allergica: intorpidimento della capacità prensile, polso debole, sensazione di nausea e svenimento immediato, annebbiamento della vista, in un attimo mi passò tutta la vita davanti, avevo paura di morire.
La svolta. Il primo passo verso la liberazione.
Invece eccomi qui, a raccontare questa storia. Erano i primi giorni di aprile 2009, la mia testardaggine mi spinse nuovamente a cercare su internet dei rimedi. Questa volta però non invano. Mi dissi: “La mia vita non può finire qui.” Appresi dell’esistenza di un forum davvero ben fatto, gestito da una infermiera professionale che per ben quattro anni aveva sofferto di cistiti batteriche ed era guarita grazie ad un prodotto naturale proveniente dall’America, allora non era ancora in commercio in Italia. Mi informai e in me si riaccesero le speranze: si trattava del mannosio, zucchero ricavato da un tubero polinesiano alle cui molecole si legherebbero le lectine del batterio il quale verrebbe poi eliminato tramite il flusso urinario. Grazie alla tenace battaglia di questa donna adesso è in commercio anche in Italia il famoso prodotto che ha già guarito numerosissime persone affette da cistiti batteriche ricorrenti.
Ma come spiegarlo ai miei? Come convincere i dottori, che sicuramente sarebbero stati contrari e mi avrebbero accusato di essere una credulona, ecc?
Non mi importava. Puntai i piedi, ormai avevo preso la mia decisione, volevo provare questo innocuo rimedio; “Almeno non mi distruggerà lo stomaco come hanno fatto gli antibiotici.” – Pensai tra me.
I miei accettarono di farmi curare anche in questa maniera: i primi risultati li ebbi a fine aprile, quando finalmente cominciai a rivedere un po’ di luce. Il famoso mannosio aveva davvero dato i suoi frutti, tanto che ricominciai a studiare e a frequentare l’ambiente universitario, finalmente preparai qualche esame, e ho potuto rivivere l’ebbrezza di firmare il verbale per registrare due esami dall’esito molto soddisfacente.
Ho ripetuto le analisi: tamponi negativi, infezione debellata! Grazie al forum CISTITE.INFO, grazie a Rosanna.
Le complicazioni. Un puzzle a cui mancava ancora qualche pezzo importante.
Nonostante le analisi ripetutamente negative, dopo un mese di benessere, da giugno cominciai ad avvertire forti e costanti bruciori vulvari e vaginali. La ginecologa dalla quale ero in cura in quel periodo mi prescrisse una vulvoscopia, dalla quale venne rilevata una vulvite micropapulomatosa vestibolare reattiva; in parole semplici si trattava di una infiammazione vulvare localizzata al vestibolo, dovuta alla presenza di fisiologiche micro papille; niente di preoccupante, niente che non si potesse curare. Purtroppo, però, passata questa infiammazione i bruciori ancora persistevano, e si aggiunsero anche i fortissimi dolori alla vescica. Arrivò luglio, e anziché andare al mare per prendere il sole e fare il bagno come le ragazze normali, io ci andai, ma tremando di freddo e rimanendo vestita sulla spiaggia per la maggior parte del tempo, e scoppiando a piangere sulla spalla del mio ragazzo chiedendo “ Perché non guarisco più, perché proprio a me?”
Passarono i mesi estivi, sopportai i dolori con una grande forza di volontà giurando a me stessa che presto tutta quella sofferenza sarebbe terminata, perché io stessa avrei trovato la soluzione. Così si alternavano momenti di cupa rassegnazione a momenti di rinata speranza e voglia di farcela; intanto sui miei libri cresceva la polvere, lo studio che era la mia passione venne trascurato, tutta me stessa era presa dal dolore, sempre più presente nei miei giorni.
Settembre: in preda al panico ho ripetuto tutte le analisi: esami del sangue: tutto nella norma; urino cultura: negativa; tampone vaginale: negativo; pap test: tutto nella norma anche qui.
Presi appuntamento da un ennesimo ginecologo, che ascoltò quali fossero i miei sintomi: mi visitò, eseguì una eco trans-vaginale, poiché secondo lui tramite questa indagine avrebbe potuto scovare qualsiasi anomalia, nel momento in cui davvero ci fosse stata. Per mia “sfortuna” nessuna anomalia venne riscontrata, e una volta rivestita e tornata dall’altra parte della sua scrivania il Signor ginecologo mi disse: “Signorina lei solo per qualche doloretto alla vescica ha smesso di studiare? Lei non ha proprio nulla, la terapia che le prescrivo è bere tantissima acqua, almeno due litri al giorno, stare male, e studiare.”
Ero spacciata: nero su bianco: la parola dei dottori contro la mia. Io soffrivo ma dicevano fossi sana “come un pesce”
Tornata a casa ero ancora più disperata. Era dunque secondo tutti un problema mentale, dovevo solo stare tranquilla, stare male e studiare. Intanto cresceva in me il rancore nei confronti di quanti non si fidavano della mia parola, vivevo in un mondo di dolore invisibile, che nessuno poteva capire, un dolore a cui nessuno era capace di dare un nome. Passavo giornate a sfogarmi sul forum che ho menzionato prima, Rosanna e tante altre donne mi incoraggiavano a credere in me stessa, perché anche secondo loro il dolore non era solo nella mia mente. Nell’apposita sezione del forum “Medici e centri consigliati” ho trovato un giorno il nominativo di un dottore specializzato nella patologia che secondo me mi aveva colpita, perché ormai mi ero già fatta una diagnosi da sola, i sintomi erano quelli, tutto coincideva: sensazioni di punture di spilli e fitte, bruciore costante…
Decisi di mandare una mail a questo dottore, che immediatamente mi rispose, stupendomi per la sua premura e gentilezza: in poche parole che aveva scritto nella mail di risposta, mi aveva regalato una grande speranza. Non ero pazza! Non inventavo il dolore! Aveva già tante pazienti con una storia simile alla mia, erano state prese per malate immaginarie ma una volta approdate per la prima volta nel suo studio la patologia era stata davvero riscontrata.
La situazione però era in stallo. Mi sentivo ad un passo dalla soluzione, ma ero in gabbia, mancava chissà cosa per poterne uscire e spiccare il volo verso la diagnosi.
Come sono uscita dalla gabbia del dolore: l’ironia della sorte e la data della “liberazione”
Era un giorno come tanti, ma qualcosa cambiò: ero connessa come sempre sul forum. Rosanna non potendone più di sapere che soffrivo mi scrisse questa frase, che non dimenticherò mai: “Grace, per favore, alza il sedere da quella sedia e chiama il Dottor Pesce, ti scrivo anche il numero per evitarti il fastidio di cercarlo. “
Mentre ricordo quel momento, una lacrima mi scende perché penso che se lei non si fosse gratuitamente messa a disposizione per aiutare tante donne io ora starei ancora a soffrire.
Ho chiamato quel numero: mentre componevo sul telefono ogni singola cifra mi batteva il cuore a mille. Quando la segretaria ha risposto non ha esitato a cercare una data per l’appuntamento il prima possibile: 25 gennaio 2010 ore 16, a Roma.
Ebbene, io, che dicevano fossi “sana come un pesce” avevo finalmente fissato la data della mia prima visita dal dottore che mi avrebbe accompagnata passo dopo passo verso l’uscita da questo tunnel. E come si chiama? Dottor Pesce!
Ho vissuto contando i giorni che mancavano a quell’appuntamento, sembrava che quella data non arrivasse mai.
Finalmente è stato dato un nome al mio dolore: vestibulodinia.
Si dice che tutti i nodi vengono al pettine. Questo nodo era abbastanza grosso. Quando quel giorno, per la prima volta sono entrata nello studio del Dottor Pesce, mi ha accolta senza innalzare quel classico muro tra paziente e medico; mi ha fatta parlare parecchio, ha ascoltato con attenzione ogni dettaglio della mia storia; mi ha fatto domande e ho risposto, mi ha visitata, e ha saputo dare un nome al mio dolore: vestibulodinia di diffusa entità. Una malattia delle fibre nervose che trasmettono gli impulsi in maniera alterata sotto forma di dolore, e una eccessiva contrazione dei muscoli che causano dolori post minzionali, frequenza urinaria.
Il Dottor Pesce mi ha insegnato ad acquisire consapevolezza del mio corpo, a saper capire i segnali che mi trasmette, e soprattutto a tener ben rilassata la muscolatura pelvica. Non nego che una consistente componente caratteriale abbia influito nello sviluppo di questa rara neuro-patologia, e anche se la strada è ancora lunga e tortuosa, però,- come ha detto una persona importantissima,- almeno ora “sono su quella giusta”.
Se mi voltassi indietro, e ricordando come stavo a gennaio facessi un confronto con la situazione attuale, posso affermare che c’è stato un miglioramento del cinquanta per cento, cosa di non poco conto.
Ho voluto pubblicare questa storia per uno scopo divulgativo: molte donne soffrono in silenzio e brancolano nel buio alla ricerca di una diagnosi; si rischia di perdere oltre che la ragione, anche la fiducia in se stesse e le persone che ci circondavano pian piano vanno via perché non capiscono o perché si stancano del nostro continuo star male.
Per chiunque voglia contribuire alla divulgazione di questo contenuto scientifico può farlo anche grazie a qualche semplice click: basta cercare su Facebook “Vittoria Vincente” e condividere i video da lei pubblicati. Un gesto semplice che può essere di aiuto a moltissime donne.
Non voglio assolutamente accantonare questa triste esperienza nell’oblio o nella lista nera degli avvenimenti da dimenticare. Vorrei invece farne tesoro e fondare un’associazione per la ricerca e lo studio di patologie rare. Sarà difficile e non saranno poche le persone che tenteranno ad ogni costo di scoraggiarmi, ma d'altronde le cose complicate mi hanno sempre affascinata e la caparbietà non mi manca affatto.
In fine vorrei rivolgere un appello a molti dottori, a cominciare da colui che mi disse di bere moltissima acqua, e che ero in perfetta salute: continuate costantemente ad aggiornarvi, perché l’aver conseguito una laurea dopo anni di studio non è un traguardo o una meta sulla quale fossilizzarsi: aggiornatevi, aggiornatevi, aggiornatevi, perché molti di voi hanno giocato con la salute di molte donne, me compresa. Non è giusto che per una vostra negligenza o totale ignoranza dell’esistenza di tali rare neuro-patologie dobbiamo essere prese per malate immaginarie. Altrimenti sareste tutti Dottor Molière, ma non viviamo nel mondo della commedia dell’arte.
Il mio ringraziamento speciale va al Dottor Pesce, che fa il dottore per vocazione. Quando entro nel suo studio sento che tutto è possibile, vedo rinascere la speranza, e spero di non offenderlo chiudendo questa intervista con l’auspicio che come lui ce ne siano altri, perché lui è unico.
Graziana Diana