Premesso che:
Il test DNA HPV rileva:
-la presenza del virus e di quale ceppo (ce ne sono più di 140 finora rilevati e di questi solo una decina al alto rischio per tumore al collo dell'utero, da qui l'importanza di conoscere il ceppo)
-Il test NON rileva lesioni al collo dell'utero (che sono rilevabili solo con pap test e/o colposcopia)
Pap test rileva:
-la presenza di eventuale lesione da HPV al collo dell'utero (grazie a colposcopia è possibile rilevare il grado della lesione) ovvero una zona di trasformazione del tipo di cellule della cervice.
-NON rileva la presenza di HPV
-NON rileva il ceppo di appartenenza
Leggendo questi articoli mi sorgono dei dubbi spontanei.
http://www.lastampa.it/2014/10/31/crona ... agina.htmlhttp://www.lastampa.it/2014/03/14/socie ... agina.htmlNell'articolo si fa presente che il pap test è ancora utile nelle donne di età compresa tra i 25 e i 29 anni, mentre quello sopra i 30 viene semplicemente rimandata ad un dna test. Ma l'articolo è a dir poco nebuloso.
Riporto una frase emblematica in entrambe gli articoli:
"Il pap test non perderà completamente la sua validità. «Nelle donne più giovani, fra i 25 e i 29 anni - spiegano gli specialisti - il test Hpv rileva infatti molte lesioni destinate a regredire spontaneamente, con un elevato rischio di esami e trattamenti inutili». Per questa ragione chi ha meno di 30 anni continuerà a essere sottoposta a Pap test. "
Dunque la frase "il test hpv rileva infatti molte lesioni..." è assolutamente sbagliata, poiché il test rileva solo la presenza del virus e non di una lesione.
Ok vabbé si son sbagliati.. ma arriviamo al concetto che vuole esprimere sul nuovo approccio.. se in quella fascia di età le lesioni regrediscono spontaneamente, a che scopo dare priorità al pap test piuttosto che al test del dna?
Proviamo a ragionare al contrario.
Se si desse priorità al Dna test nelle ragazze giovani (tra i 25 e i 29 anni), quelle che NON risultano positive continueranno a stare tranquille finché non avverranno cambiamenti di partner o situazioni a rischio, cui potrebbe seguire un nuovo test, mentre quelle positive potrebbero procedere allo screening del pap-test per controllare la presenza di una eventuale lesione e, nell'eventualità di positivo, monitorarla.
Viceversa, nelle donne dai trent'anni in su, potrebbe essere molto più utile il pap test piuttosto che il dna test, perché è più facile che una lesione diventi stabile e non regredisca spontaneamente. Quindi perché fare solo più il dna test dopo i trenta e non ritengono più utile il pap test come screening?
C'è qualcosa che non mi quadra in questo nuovo approccio scientifico spiegato dall'articolo. Capisco il volere risparmiare (si risparmia di più fare il pap test solo in una piccola fascia di età, piuttosto che in una molto più vasta che è quella dai 30 anni in su), ma qui a me il principio mi pare proprio sbagliato.
Il fare un pap test ogni 3-5 anni, dopo i trent'anni lo ritengo utile perché in caso di positivo, anche di alto grado, i test precedenti sono utili a capire la "vecchiaia" di una lesione per decidere se monitorarla o trattarla. Un CINIII senza precedenti pap-test può far propendere, per motivi precauzionali, allo step del trattamento.
Ora mi chiedo: è il giornalista che ha scritto l'articolo che ha preso lucciole per lanterne (visto già l'errore clamoroso del giornalista sulle finalità del Dna test), oppure sarà davvero questo l'approccio di prevenzione per il futuro?
Cosa ne pensate?
Ps: La mia lesione di 3° grado è stata scoperta a 35 anni, e dopo circa 3 mesi dalla diagnosi, nonostante l'età, è regredita spontaneamente.